Mango pendono bassi e gravi dai rami, plumerie fioriscono tra palme e flamboyant in attesa delle piogge, pronti a ricoprirsi di rosso ed arancio. La stagione secca volge al termine ormai e fa quasi fresco fuori al mattino presto. Le folte chiome degli alberi risuonano di versi mai uditi in precedenza. Nascosti tra il fogliame, uccelli si spostano veloci di albero in albero. Un’umbretta mi sorveglia dall’alto di un ramo spoglio, famiglie di garruli esplorano chiassosi il terreno. Degli altri però, a me sconosciuti, riesco appena a scorgere la forma in questo microcosmo che l’uomo sconvolge da anni e che, pure, rimane invincibilmente originario.
Noi siamo solo ospiti qui, in questo giardino.
Quando saremo di meno la natura si riprenderà tutto in pochi decenni, avvolgendo di sé il nostro progresso, digerendo paziente i nostri misfatti sino a che tutto non sarà di nuovo primigenia innocenza e pace tra gli esseri.
Qui è ancora tutto quel che abbiamo perduto.
Ed io non avevo ancora vissuto in tanto lusso.